La Rosa
(vv. 741-822)


Nel memorando brolo
tuto era sono e svolo.
Lai d'amore, cortesi
sonetti e sirventesi
d'ucelleti nel folto.
Me smemorai a l'ascolto
che drento m'adolcia
de tanta melodia.
Piacere, incondiviso
da me, 'ndov'era asiso?

(Nel scrigno verdegiante
de quel poeta' beante
).
Me volsi, dietro al spero,
p'un picolo sentiero
c'al logo s'inambienta
'ntra el finochio e la menta.
Ed eco el sire caro
dietro a un quieto riparo
in legiadro certame
coi belli del reame.

Mai vidi piu' avenente
comunanza de gente.
Come i angioli nata
l'avresti detta, alata.
Vigeva la carola
(de cui faro' parola)
sul momento, per danza,
in divina acordanza
con cantante provetta,
dama, Letizia detta.

Costia con voce pura
a l'estro, per misura,
legava l'artifizio
senza lascianne indizio.
Niente de Villania
avria preso badia
ne l'oservanza stretta,
in lia, de l'etichetta.
serbava nel balla'
la naturalita'

da cui grazia procede.
Batteva a tempo el piede,
flesuosetta e sicura,
secondo la figura.
Su la lieve erba fresca,
malizia fanciullesca,
ora unita ora sdoppia,
de le donzelle in coppia!
Menestrelli e giullari
dai rimati breviari

traeva a soni e canti
le virele' tocanti
che da' esultanza e pena
come se fa in Lorena.
Bravi intratenitori,
i tamburellatori,
tratanto, l'istrumento,
per aria, in un momento,
butta e riprende a volo,
destri, su un dito solo.

Coinvolto nel balla'
era, con nobilta',
Piacere da fanciulle
trillanti come biulle
a una recente luna.
Al de la' de la cruna
passate quelle e queste.
La semplicetta veste
una mite eleganza
recava a la sembianza.

Su armoniose cadenze
fioriva le movenze
de le fanciulle bine.
Procurava assai fine
a me astante diletto
l'aire del balletto.
L'una l'altra appressava,
danzante, che danzava,
finche' drento a l'allacio
del figurale abracio,

le tropo acoste boche
parea essese toche.

   

 

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