Testimonianza su Franco Scataglini
di Gilberto Severini , ottobre 1998

"I borghesi non hanno corpo". La frase, pronunciata col tono di una verita' palese e la voce gia' irritata per le eventuali contestazioni, la disse in una delle nostre lunghissime conversazioni dei tanti anni di amicizia. E quella frase mi pare riassuma esemplarmente lo sguardo di Franco sul mondo a cui, sostanzialmente, fu sempre coerente. In lui c'era un'ossessiva attenzione "fraterna" a chi del corpo rischiava d'essere espropriato.
Quando un poeta scompare e' inevitabile chiedersi che rapporto c'era tra la sua vita e la sua opera. Credo che nel caso di Scataglini si possa affermare che il rapporto era tutto in questa urgenza, mai venuta meno, di svelare il mistero dell'eros, che riteneva l'esperienza piu' importante nel destino dell'individuo, e fare irrompere sulla scena le classi subalterne, gli esclusi. Infine, nella vita di Franco, gia' all'epoca delle sue letture di Simone Weil, sia l'itinerario della passione amorosa che il dolore degli emarginati gli apparivano sotto il segno di una solenne sacralita'. Tanto che parlandone, nel grigio dei nostri lunghissimi inverni degli anni sessanta, non era inconsueto che si commuovesse sino alle lacrime.