ACQUE E LUNE di Franco Scataglini
Polverigi, Festival Inteatro, Luglio 1993

 

'La poesia è qualcosa che ti costringe ad aspettare. Un poeta può scrivere non quando lui vuole ma quando Ella vuole. Non c'e' che il distacco dalla volonta' di poesia. E l'abbandono. La poesia non si lascia cercare né "ricercare": una rima buona, un inedito accostamento di parole non fanno primavera se la continuita' manca: e la continuita' sale da dentro, facile, imperativa, necessitante. E' cosi' per tutti? Per me e' cosi', e non vorrei che fosse diverso. Amo la poesia per questa sua sovrana aleatorieta'.
Nelle lunghe stasi, quando la parola si e' oscurata e la paresse ha campo nei fondali della mente, trovo d'improvviso un impulso al colore e con procedure apprese in lunghi soliloqui con suggestioni mezze dimenticate (mostre, musei, libri, come quelli di Skira), compongo paginette di un libro da guardare. E ogni volta ho sotto gli occhi qualcosa cui non avevo pensato e che sembra l'evento di una divertita stupefazione.
Per carita'! mai voluto, dal dipingere, niente di piu'. Immagini di case, porti, navi, mari, lune ora placide, ora impazienti, per lo piu' improbabili, non dicono: suggeriscono.
Questo e' il vissuto del mio dipingere e se a l'osservatore non basta, egli puo' andare a ricercare, una per una, nella sua memoria pittorica, tutte le mie disperse ascendenze. Ma non si puo' negarmi il pudore, figlio del mio infinito rispetto per le opere della pittura. Sono un contrabbandiere, sono un immigrato? Chiedo solo un obolo di magia; un'inezia, una briciola, un "bregno". Il piattino che ritiro ogni volta non e' mai vuoto.